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Tempo di lettura stimato: 5-7 minuti (ne vale la pena😉)

Questo articolo nasce da un documentario che ha letteralmente cambiando il mio modo di vedere il mondo…

… e ti voglio condividere una delle principali conseguenze (sconvolgenti) che ne ho dedotto su come la tua Percezione condizione il tuo il tuo Benessere!

Spesso, quando parliamo di “stare bene”, tendiamo a considerare principalmente due fattori:

  1. Condurre uno stile di vita sano e, forse ancor di più,
  2. Avere la “fortuna” di una buona genetica – insomma, vincere la lotteria biologica!

Ma questo documentario, e la conseguente ricerca che ho intrapreso, mi hanno mostrato che questa visione è molto cieca e limitante.

Esiste una verità sorprendente e, a tratti, quasi assurda, che si cela dietro il nostro stato di salute (e modo di vivere).

In questo articolo, esploreremo questa “strana verità”, capiremo come questa scoperta mi abbia concretamente aiutato a tornare a stare bene e cosa hanno da dire la scienza e, in particolare, la fisica quantistica a riguardo.

Come il linguaggio influenza la realtà

Fino al 1700, nella lingua inglese, non esisteva una parola specifica per definire il colore blu.

Questa affermazione, per quanto possa sembrare banale, nasconde un principio fondamentale che ha dato una vera a propria svolta al documentario di cui parlavo e, di conseguenza, alla mia personale indagine e a questo articolo.

Uno studio condotto da parte del docente Gavin Evans (della Birkbeck University) su una tribù della Namibia, rimasta in un certo senso legata a quel “1700 linguistico”, ha rivelato qualcosa di sbalorditivo, derivante dal fatto che questa tribù non possiede una parola per il blu.

Per loro, il blu è identificato con lo stesso nome usato per una specifica sfumatura di verde. Hanno, invece, una ricchezza di nomi per le varie tonalità di verde, forse più di quanti ne abbiamo noi.

Ciò che ha lasciato i ricercatori sbigottiti è come questa differenza linguistica abbia influenzato profondamente la (loro – o nostra) percezione del colore!

Durante un esperimento, hanno presentato alla tribù una palette di colori in cui la maggior parte dei quadratini era di quella specifica tonalità di verde che loro associano anche al blu, e solo un quadratino era effettivamente blu.

Ebbene, i membri della tribù non riuscivano a distinguere il blu da quella specifica tonalità di verde. Nonostante per un occhio abituato (come il nostro – o quello della troupe che stava registrando il documentario) la differenza fosse lampante, per loro semplicemente non esisteva!

Al contrario, quando hanno presentato una palette con la stessa tonalità di verde su tutti i quadrati, a parte uno con una tonalità appena appena diversa, la troupe che registrava – che non ha problemi a distinguere il blu dal verde – non è riuscita a notare la sottile differenza tra i due verdi.

I membri della tribù, invece, con la loro ricchezza di nomi per il verde, li distinguevano con assoluta facilità.

LA CONCLUSIONE DI QUESTO STUDIO È POTENTE: LA NOSTRA PERCEZIONE DEI COLORI (e quindi del mondo) NON DIPENDE UNICAMENTE DALLE CARATTERISTICHE FISICHE E OGGETTIVE DEGLI STESSI, MA È FORTEMENTE INFLUENZATA DAL NOME CHE DIAMO AI COLORI (o alle cose), DALL’INVENTARIO DESCRITTIVO CHE UTILIZZIAMO PER CLASSIFICARLI.

Questo inventario ci viene trasmesso culturalmente, fin dall’infanzia.

IN SINTESI, IL MODO IN CUI CI VIENE INSEGNATO A VEDERE LA REALTÀ HA UN’ENORME INFLUENZA SU COME LA REALTÀ SI MANIFESTA AI NOSTRI OCCHI E ALLA NOSTRA PERCEZIONE.

Questa scoperta sfida in parte l’oggettività assoluta che la scienza spesso tende a privilegiare, ma trova sorprendenti punti di contatto con concetti della fisica quantistica.

Questa differenza di percezione influenza anche la nostra salute e il nostro benessere?

Dopo aver riflettuto a lungo su questo studio, una domanda mi è sorta spontanea: questa dinamica di percezione, influenzata dalla nomenclatura e dalla cultura, può applicarsi anche ad altri aspetti fondamentali della vita, in particolare alla nostra salute e al nostro benessere?

E la risposta, basata sulla mia esperienza, è un sonoro “SÌ”.

Personalmente, non riuscivo a “vedere il blu” della mia situazione di malessere finché non ho dato un nome alla causa.

Questo “blu” non era un colore tangibile, ma era legato a qualcosa che non percepivo direttamente (perché nella mia mente non aveva un nome), qualcosa che mi era “invisibile”: i campi elettromagnetici.

Qualche anno fa, ho acquistato una standing desk elettrica, quelle scrivanie che ti permettono di alternare lavoro seduto e in piedi.

Nel giro di poco tempo, ho notato un cambiamento drastico: mi sentivo sempre più stanco e con meno energie durante le ore di lavoro.

Non riuscivo a spiegarmi il motivo, perché la mia routine quotidiana – lavoro, orari, allenamento – non era cambiata in alcun modo. L’unica differenza erano una sedia e una scrivania diverse.

Questa ricerca di una spiegazione per il mio inspiegabile malessere mi ha aperto un mondo incredibile, quello dei campi elettromagnetici.

Non solo quelli artificiali, generati da dispositivi collegati alla corrente, dai cellulari, dal Wi-Fi, dalla radio, dalla televisione, ecc…

…ma anche quelli naturali.

Parlo dei flussi d’acqua sotterranei e di specifiche linee di flusso energetico che creano quelle che vengono chiamate geopatie, come i Nodi di Hartmann o i Nodi di Curry.

Sempre più ricercatori e studi indipendenti stanno scoprendo che questi campi, sia naturali che artificiali, possono avere una grandissima influenza sul nostro stato di benessere o malessere, giocando un ruolo veramente importante.

E QUI TORNA IL PARALLELO CON LA TRIBÙ DELLA NAMIBIA: SICCOME NESSUNO CI HA MAI INSEGNATO A DARE UN NOME A QUESTI CAMPI, NESSUNO CI HA SPIEGATO CHE ESISTONO E CHE POSSONO INFLUENZARCI, PER NOI, SEMPLICEMENTE, NON ESISTONO.

Un po’ come per quella tribù la differenza tra blu e verde.

Gli strumenti per "vedere l'invisibile"

Questa presa di coscienza mi ha spinto a cercare e a scoprire strumenti fenomenali che ci permettono di fare indagini concrete e di cominciare a vedere questo “invisibile” che ci circonda.

Ho iniziato con i lettori di campi elettromagnetici artificiali, che mi hanno permesso di quantificare l’esposizione di dispositivi come cellulari e router Wi-Fi, rivelando valori ben superiori ai limiti cautelativi suggeriti da molti scienziati indipendenti.

Ma è con l’Antenna di Lecher che mi si è aperto un mondo.

È uno strumento radiestesico, definito come uno dei massimi esponenti della radiestesia fisica, che permette di percepire e misurare energie che vanno ben oltre i campi elettromagnetici “classici”.

Permette di sentire e misurare l’energia non solo dei campi elettromagnetici artificiali (distinguendo persino la polarità, benefica o meno), ma anche quelli naturali legati a persone, piante, ambienti e, in particolare, alle acque sotterranee e alle geopatie.

Usando l’Antenna di Lecher, imparando ed evolvendo i metodi del geniale Kunnen, ho potuto non solo migliorare drasticamente il mio benessere, ma anche quello delle persone intorno a me, ottenendo risultati che non credevo possibili.

Siamo andati a intervenire su cause di malessere che erano invisibili, che non avevamo imparato a riconoscere o a cui dare un nome, ma che, essendoci, avevano e hanno un’influenza concreta sulla nostra vita.

I sintomi associati a queste esposizioni possono essere estremamente vari: dalla semplice stanchezza e carenza energetica, a mal di testa e emicranie, dolori di vario tipo (anche forti mal di schiena), fino a problematiche molto più gravi e persistenti per le quali spesso non si riesce a trovare una causa con gli approcci tradizionali.

Questo accade perché, semplicemente, non ci hanno insegnato “dove guardare”, o meglio ancora, “non ci hanno insegnato a vederle”!

Se ancora non conosci l’antenna lecher, ti lascio il link a quest’altro mio articolo, dove spiego cos’è l’Antenna di Lecher e come funziona.

Scienza, Percezione e Fisica Quantistica

L’oggettività che la scienza ci ha trasmesso, pur essendo uno strumento potentissimo e utile in innumerevoli ambiti, mostra i suoi limiti di fronte a studi sulla percezione come quello di Gavin Evans (della Birkbeck University) e, in un certo senso, di fronte alla potenziale influenza di campi invisibili sul nostro benessere.

È qui che la fisica quantistica ci viene in aiuto.

Una delle frasi più celebri di questa materia è: L’osservatore influenza il sistema osservato

Questo principio, reso celebre dall’esperimento della doppia fenditura, suggerisce che ciò che osserviamo non è separato da noi che stiamo osservando. L’atto stesso dell’osservazione sembra influenzare la realtà osservata.

Applicando questo principio in maniera più ampia, ci si apre alla possibilità che chissà quante cose fenomenali potrebbero esistere intorno a noi che semplicemente non abbiamo ancora imparato a percepire o a cui non abbiamo dato un nome.

La radiestesia, sia nella sua forma fisica che mentale, esplora proprio questo “universo invisibile”.

E QUI puoi trovare una guida gratuita che ho scritto, con i principali strumenti radiestetici!

Iniziare a "vedere" l'invisibile

Se senti che questa idea risuona con te, se hai provato diverse soluzioni per i tuoi problemi di benessere senza successo e sospetti che l’origine possa risiedere in qualcosa che non riesci a identificare, forse è il momento di iniziare a esplorare questi campi e imparare a percepirli.

Se desideri che io, in prima persona, ti aiuti a capire la causa dei tuoi malesseri e risolverli:

👉 clicca qui e fammi sapere in cosa ti posso essere utile!

Se invece desideri imparare ad utilizzare l’antenna tu stesso, e ti farebbe piacere avere il mio aiuto e supporto durante l’apprendimento, sentiti libero di dare un’occhiata al mio percorso – creato per aiutare coloro che si sentono pronti a conoscere e padroneggiare questo incredibile strumento – anche se partono da zero e “non hanno sensibilità”!

👉 Clicca qui per il percorso.

Infine, se sei arrivato/a fin qui, ti ringrazio per la fiducia riposta nelle mie parole che ti ha portato a leggere l’articolo per intero. Ti invito comunque a fare le tue ricerche e fidarti solo ed unicamente delle tue considerazioni personali (del resto, nessuno meglio di te sa valutare cosa fa bene al tuo corpo, e cosa no). Come ogni altro articolo di questo sito, è soggetto al disclaimer consultabile al link https://samuelomoregie.com/disclaimer/ , che invito caldamente a leggere prima di prendere qualunque iniziativa sulla base di quanto letto.

In breve, il contenuto del mio sito è puramente informativo e riflette solo il mio punto di vista personale. L’uso delle informazioni è interamente a tua discrezione e responsabilità.

Ed ora che, ancora una volta, anch’io so di non sapere…

Un abbraccio e alla prossima,

Samuel

P.S: Al di là del gran lavoro fatto da Gavin Evans (e collaboratori, noncè distributori del suo messaggio), le fonti presenti negli altri miei articoli presenti sul mio sito (come, a titolo esemplificativo, questo), sono state altrettanto rilevanti per la creazione di questo contenuto.

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